LINOTYPE & LINOTIPISTI

l'arte di fondere i pensieri in piombo

 

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 Il percorso della matrice

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RICORDANDO LA LINOTYPE
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Gazzetta del Popolo (Torino)
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Tribuna de Lavras (Brasile)

La Nación (Argentina)

El Clarín (Argentina)

The Modesto Bee (California)

Herald & Weekly Times (Australia)

 

 

 

La genesi della Linotype

 

Cenni storici

su una formidabile invenzione

 

 

La prima linotype Mod. 1 è arrivata in Italia nel 1897 alla «Tribuna» di Roma; nel 1958 era ancora funzionante - Il 2 giugno 1893 entrano le prime sette linotype al «Los Angeles Times». I loro nomi: The Vanguard, E. Pluribus Unum, El Hombre Viejo, Nancy Hanks, Yo Tambien, California e Angelena

 

 

Dal passato remoto...

 

Gli antichi possedevano molte nozioni utili che andarono smarrite, per così dire, in quanto venivano tramandate a voce e in pochi casi con opere manoscritte molto costose; ma da quando la stampa venne in uso, ogni generazione ha fatto dei progressi grazie alle nozioni fissate sulle pagine stampate. Si può dire che il più grande contributo al progresso umano sia rappresentato dall'invenzione del carattere mobile e quindi dalla stampa, definita perciò «l'arte che ha preservato tutte le arti».

Invece furono sensibili i progressi della stampa da quando i rulli inchiostratori furono sostituiti ai «mazzi». Fu all'inizio del XIX secolo che Stanhope sostituì il metallo al legno del torchio e la trazione meccanica a quella manuale e da allora le macchine divennero sempre più automatiche. L'invenzione della stereotipia e del galvano fu seguita dalla macchina da stampa a cilindro e dalla rotopiana che stampa su carta in bobina direttamente dalla forma, sicché nel 1880 vi erano macchine capaci di stampare alla velocità di 2000 copie l'ora un giornale di otto pagine, il che era considerato una cosa meravigliosa. Poi la macchina in bianca e volta rese il libro molto a buon mercato, tanto che il costo di una biblioteca risultava enormemente ridotto. Però la composizione e la scomposizione si effettuavano ancora come al tempo di Gutenberg, perché da allora, circa quattrocento anni, nessun progresso era stato fatto: il compositore continuava a tirar su lettera per lettera per formare le righe nel compositoio e quindi impaginarle; dopo la stampa, egli eseguiva anche la scomposizione.

 

I primi divulgatori della stampa con tipi mobili

 

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GUTENBERG con i soci Fust e Schöffer, 1450 – Magonza. – CORRADO SWEYNHEIM e ARNOLDO PANNARTZ, 1464 – Subiaco (Italia). – GUNTHER ZAINER di Reutlingen (Württemberg), 1464 – Polonia. – KERMANN LICHTENSTEIN, 1470 – Vienna. – ULRICO GERING, di Costanza, MARTINO CRANTZ e MICHELE FRIBURGER, di Colmar, 1470. – Parigi. – ELIA ELIA, di Lauffenburg, 1471 – Munster. – LADISLAO DI KURA, priore di Buda, 1471 – Buda (Ungheria). – GIOVANNI DI WESTFALIA, di Paderborn, e THIERRY MARTENS, di Alost, 1472 – Alost (Belgio). – NICOLA KETELAER e GERARDO, di Lempt, 1472 – Utrecht (Olanda). – BERNARDO FENOLLAR, di Córdoba, 1474 – Valenza (Spagna). GUGLIELMO CAXTON, di Kent, 1477 – Westminster (Inghilterra). – GIOVANNI SNELL, 1482 – Odensea (Danimarca). – SAMUEL ZORBA e RABAN ELIEZER, 1489 – Lisbona (Portogallo). – GHERSON, rabbino, 1490 – Costantinopoli (Turchia). – GIORGIO TSERNOWIEC, o IVAN FEODOROW, 1493 – Tsernigow (Russia). – GIOVANNI MATTHISSEN, 1530 – Holum (Islanda). – GIOVANNI CROMBERGER, 1544 – Messico. – MISSIONARI GESUITI PORTOGHESI, 1563 – Goa (India). – MISSIONARI GESUITI, 1590 – Macao (Cina). – NICOLA TRIGAULT, 1620 – Nankino (Giappone). – STEFANO DAGE, 1638 – Cambridge (Nord America). – TYGE NIELSSON, 1644 – Cristiania (Norvegia).

 

 

Primi passi verso la composizione meccanica

 

Il desiderio di effettuare meccanicamente queste due costose operazioni fu vivamente sentito e poco dopo l'inizio del 1800 furono richieste varie patenti di macchine concepite a tale scopo. Intere fortune furono esaurite in esperimenti e diversi tipi di macchine vennero lanciati sul mercato tipografico, ma vi rimasero per poco tempo.

Sorvoliamo per brevità sulla lunga enumerazione dei tentativi, che a cominciare da quello dell'inglese Förster, nel 1815, precorsero e prepararono l'avvento dei numerosi sistemi di macchine compositrici, ma dobbiamo, come italiani, ricordare quei nostri connazionali che anche in questo campo contribuirono a tener alto l'onore del genio italiano. Stanno tra questi l'anonimo di cui parla lo Smiles, che nel 1848 presentò all'inglese Glowes una sua macchina compositrice; il padre domenicano Vincenzo Calendoli che verso il 1893 inventò a Parigi una compositrice meccanica, fatta brevettare l'anno seguente a Londra, insieme con A. Savarese; il Richieri, professore nel R. Istituto Tecnico di Milano; il Lamonica e il Garlanda; infine il compositore Ernesto Codignola, bresciano, il quale inventò, nel 1885 a Milano, una compositrice meccanica a caratteri mobili che venne costruita in quel Tecnomasio. Pare che egli avesse intuito la miglior soluzione del problema, ottenendo un risultato che l'avvenire non avrebbe mancato di coronare col successo, se la morte non avesse colto prematuramente il giovane inventore (G. Dalmazzo, «La Tipografia»).

 

Uso meccanico di caratteri mobili

 

Il principio meccanico di comporre e scomporre caratteri mobili fu attuato per primo dal danese Sörensen nel 1838 (presentò la sua macchina all'Esposizione di Parigi del 1851, ove fu premiato con medaglia d'oro da Napoleone III). Tale principio venne seguito nel 1840 dal Gaubert nella sua macchina «Gerótype» e reso più pratico dal Kastenbein nel 1866, sebbene poco usato. Questo sistema, sconosciuto da noi, ha sedotto un gran numero d'inventori di ogni Paese, nessuno dei quali è riuscito a imporre all'industria tipografica la sua invenzione.

Una prima macchina inglese fu costruita con tastiera per comporre i caratteri che poi venivano aggiustati a mano, ma la scomposizione avveniva mediante una seconda tastiera, situata opportunamente perché tutti i caratteri ritornassero nel magazzino; però l'operatore leggeva, invece, dei caratteri, la prova di stampa del materiale che doveva «disfare». Diversi esemplari di questa macchina furono in uso per qualche tempo.

Fra tutte le macchina costruite per comporre e scomporre, la più rimarchevole fu quella chiamata «Paige Compositor». il cui principale sostenitore fu Mark Twain (Samuel L. Clemens) che vi spese tutta la sua fortuna. Si calcola 20 milioni di dollari il totale delle somme spese dalle diverse società nei numerosi tipi di macchina da comporre.

 

Mark Twain sciupò 200 mila dollari nel progetto di questa macchina compositrice ideata da James W. Paige, di Rochester, N.Y., nel 1873

 

 

A proposito del «Paige Compositor»

 

Il «Paige Compositor» è stato il più grosso investimento compiuto da Mark Twain che pure già aveva scommesso su una puleggia a vapore e una fornace a carbone ad alta efficienza. Ed è stata anche la scommessa che lo ha portato sull'orlo del fallimento: 200 mila dollari andarono in fumo nel progetto. Ma pare che il difetto più grave di quel progetto sia stato quello di essere stato realizzato troppo tardi per sorpassare il successo della Linotype di Mergenthaler. James W. Paige, nato a Rochester, N.Y, ha sviluppato la sua idea nel 1873. Paige aveva già realizzato un telegrafo di stampa e Twain era divenuto un grande sostenitore di Paige. L'azienda che permetteva a Paige di realizzare la sua macchina, visti i tempi troppo lenti nella realizzazione, lo abbandonò. Fu allora Mark Twain a finanziarlo per permettergli di portare a termine il progetto. Nel 1889 la macchina non era ancora pronta, e a Twain venne un'offerta dei promotori della Linotype che ventilavano l'idea di una fusione. Twain, proprio considerando l'offerta della Linotype, si convinse che la sua sarebbe stata la macchina vincente e rifiutò. La macchina di Paige misurava 9 piedi di lunghezza e pesava tre tonnellate ed era composta da 18 mila parti, la tastiera aveva 109 tasti. Malgrado la notevole stazza la macchina era tuttavia fatta funzionare da un piccolo motore elettrico. Capireparto e dirigenti dei giornali il 29 gennaio 1892 avevano lasciato l'ufficio di Paige convinti che quella sarebbe stata l'invenzione del futuro. Gli osservatori dell'Associazione americana degli editori dei giornali che avevano potuto osservare la macchina all'opera la definirono «la meraviglia meccanica del XIX secolo». In una prova al Chicago Herald (l'unica azienda a usare commercialmente la macchina) il «Paige Compositor» prevale su trentadue linotype. Ma la Linotype intanto ha sorpassato Paige e Twain. Nel 1887 c'erano 55 linotype in funzione, nel 1895 erano già 1067. Nel 1894 l'investimento finanziario non era più sostenibile. Twain finì di pagare i suoi debiti soltanto nel 1898.

 

da «Typesetter Misses Deadline for Success» di Garret Condon: Courant Book Editor. «This appeared in the Courant's special Twain anniversary section on November 29, 1895»:

http://courant.ctnow.com/projects/twain/paige.htm

 

 

Il sistema a lingotto

 

Il sistema di macchine compositrici basato sul concetto della fusione di linee ebbe un numero di fautori più scarso, ma furono più fortunati. Intraveduto dal Leroux fin dal 1843, poi accarezzato da Armengaud e Gallieu nel 1846, Capeart e Godson nel 1885, dal Turbelin nel 1886, ebbe il suo trionfo per merito di Ottmar Mergenthaler.

Alcuni stenografi e cronisti di Washington riconoscendo i grandi vantaggi della macchina da scrivere in confronto della scrittura a mano, concepirono l'idea che una macchina simile avrebbe potuto sostituire le dita del compositore; essi intendevano una macchina a punzoni di acciaio che imprimessero le lettere su cartone, o altro materiale simile, da usare come matrice per stereotipia. Questi intraprendenti costituirono una società per realizzare la loro idea, mentre un altro gruppo di persone si era già impegnato in altre ricerche aventi per base le stesse linee generali.

Senza impressionarsi degli insuccessi seguiti a tanti tentativi precedenti di altri volenterosi, un piccolo gruppo di editori e giornalisti, cioè Moore, Clephane, Devine, McEwen, Warburton e Murphy, costituirono una prima società. Essi incaricarono un operaio dell'officina Hahl & C. di Baltimora, ove si costruivano delle macchine per esperimento, di proseguire gli studi secondo i suoi criteri. Era costui Ottmar Mergenthaler.

 

* * *

 

I primi risultati

ottenuti da Ottmar Mergenthaler

 

Nel 1883 egli inventò un apparecchio a tamburo, che chiamò «Rotary Matrix Machine», munito di punzoni che imprimevano i caratteri su nastri di cartone umido; infine quei nastri venivano tagliati alla giustezza voluta e impaginati incollandoli sopra un foglio; quindi se ne traeva una lastra col noto processo di stereotipia.

 

«Rotary Matrix Machine» (1883)

 

Fu il Moore ad avere l'idea di sistemare ordinatamente quei tali nastri sopra un piano di metallo, in modo che corrispondessero ad altrettanti vuoti di uno stampo da sovrapporre ad essi: si trattava certamente di una forma da fondere multipla con la quale, colandovi il metallo, si ottenevano le righe separate, ma intere. Era un buon risultato che meritò al Moore di essere chiamato l'ideatore della riga di un sol pezzo; però il procedimento non era pratico e fu abbandonato.

Mergenthaler costruì nel 1884 un'altra macchina punzonatrice con la quale otteneva più sollecitamente righe intere, grazie all'adozione di un cuneo di aggiustatura delle righe; però un altro grave problema sorgeva, cioè la necessità di una grande quantità di punzoni di acciaio, perché si rompevano con una grande facilità e siccome erano intagliati a mano non si giungeva a produrne a sufficienza. Però non costavano molto, dato il tempo occorrente per prepararli.

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Idea, grafica e realizzazione di:

Giorgio Coraglia

 

info@linotipia.it

 

 

 

 

 

 

 

Un identico problema, cioè il bisogno di punzoni da taglio, si era presentato anche a un certo Benton di Milwakee; ma costui studiò il modo di produrli meccanicamente e nel 1884 terminò di costruire una macchina adatta a tale produzione. Pare che a lui fossero del tutto ignoti gli studi e le ricerche del Mergenthaler che a sua volta apprese casualmente dell'officina del Benton e della sua macchina per fabbricare punzoni. Fatto sta che fu loro facile intendersi in base a un accordo che salvava tanto l'invenzione del Benton quanto quella della macchina per comporre che, finalmente, poteva divenire commerciabile.

 

La «Band Machine»

 

 

«Band Machine» (1885)

 

Questo fatto dette nuovo coraggio a Mergenthaler che nell'anno seguente, 1885, costruì un'altra macchina nella quale i punzoni erano sostituiti da tanti nastri metallici (e perciò chiamata «Band Machine») ognuno dei quali portava un alfabeto completo inciso in incavo; la novità principale di questa macchina era l'applicazione di un crogiuolo e di una forma per fondere. Le matrici discendevano fino al punto corrispondente alla lettera occorrente, combaciavano e si bloccavano contro l'orifizio della forma nella quale il metallo veniva spinto, a un dipresso come nelle macchine moderne.

 

 

Le prime matrici

Fu questa la prima macchina che dava righe direttamente da matrici di metallo, invece che di cartone. Era un bel risultato ma la produzione era lenta; per accelerarla Mergenthaler costruì un'altra macchina che componeva piccole matrici con una sola lettera.

 

La prima matrice con una sola incisione e il primo spazio mobile non molto dissimile da quelli prodotti in seguito. Tali matrici erano contenute in un magazzino dal quale esse scendevano al richiamo dei rispettivi tasti e venivano spinte nel compositoio da un soffio di aria compressa; l'aggiustatura della riga era ottenuta con degli spazi a cuneo.

L'aggiustatura automatica delle righe era stato uno dei problemi più difficili da risolvere e alla sua soluzione si dedicarono contemporaneamente tre inventori, cioè J.D. Schuckers di Filadelfia, Mergenthaler e John R. Rogers. Schuckers riuscì a creare lo spazio mobile a doppio cuneo con superfici esterne parallele, qual è conosciuto oggi. La Linotype risultò dunque dal contributo di diversi inventori, oltre a quello principale di Mergenthaler.

La riga si trasferiva di contro la forma e lasciava la propria impronta sul bordo superiore del lingotto derivante dalla forma stessa. Dopo la fusione le matrici venivano trasferite al meccanismo di distribuzione che le riportava al proprio posto.

 

La «Blower», la prima «line-o-type»

 

Ormai si era di fronte a una «line-o-type» che eseguiva automaticamente le operazioni di composizione, fusione e distribuzione, consentendo quindi una produzione abbastanza veloce; infatti era possibile comporre una riga mentre l'altra era in fusione e una terza in via di distribuzione. Delle modifiche furono apportate a questa macchina e finalmente il nuovo modello, chiamato «Blower» fu posto sul mercato nel 1886 e installato nelle tipografie dei giornali «New York Tribune», «Chicago News» e «Louisville Courier Journal».

 

La  «Blower», il successo di Ottmar Mergenthaler

 

Mergenthaler si dedicò poi al perfezionamento della «Blower Linotype» e nel 1890 lanciò la Linotype «Modello 1 a base quadrata» le cui caratteristiche si ritrovano nei modelli che seguirono.

 

La prima vera Linotype: la Modello 1 a base quadrata

 

Fu deciso quindi di raccogliere i capitali occorrenti per gli impianti e la fabbricazione della macchina e per l'organizzazione della vendita.

Gli acquirenti preferibili erano gli editori di giornali, ma pare che la loro ricerca fosse più difficile della ricerca dei capitali. Gli editori ammiravano, ma restavano diffidenti dinanzi l'adozione di un sistema tanto rivoluzionario, da essi considerato anche aleatorio agli effetti della puntualità oraria richiesta dai loro giornali, e l'economia conseguibile in confronto della composizione a mano non bastava a persuaderli.

Ma ogni nuovo buon frutto dell'ingegno umano ha avuto sempre dei seguaci fra gli intraprendenti, e tali potevano definirsi anche il direttore del «New York Tribune», Whitelaw Reid; quello del «Chicago News», Melville Stone; e il loro collega Walter Haldeman del «Louisville Courier Journal». Furono essi infatti i primi acquirenti che poi per una decina di anni impiegarono la nuova compositrice e, fra essi, spetta al direttore del «New York Tribune» l'onore di aver battezzato la macchina stessa col breve nome attuale.

 

La linotype inizia la produzione

 

Fu intrapresa la regolare costruzione di duecento macchine di quel modello; ma quando ancora oltre la metà di esse erano in officina, l'inventore apportò un nuovo perfezionamento di tanta importanza, da non destare esitazioni nella decisione di sostituirle tutte, comprese quelle già funzionanti soddisfacentemente.

Il perfezionamento consisteva nella soppressione dell'aria compressa; le matrici ebbero un nuovo tipo di magazzino a posizione inclinata, dal quale esse scendevano per forza di inerzia; il tipo di elevatore che riconduceva le matrici al loro deposito fu sostituito con l'attuale tipo di secondo elevatore.

Queste radicali modificazioni furono accompagnate dalla soluzione definitiva del sistema di distribuzione, il quale doveva poi esser considerato incontestabilmente la parte più originale della Linotype e che vedesi riprodotto abbastanza fedelmente su tutti i tipi di compositrici, eccetto la Typograph.

La nuova macchina aveva la base quadrata e di essa i primi esemplari furono introdotti in Inghilterra nel 1892. Si dice che qualcuna è in funzione tutt'oggi e si cita il caso di un operatore che da oltre trent'anni lavora su una di tali macchine, la quale darebbe tuttora una produzione soddisfacente.

 

La Modello 1 nella versione definitiva

 

Le tappe principali della Linotype possono essere definite così: la prima, quella di una macchina tipo-litografica; la seconda, di una macchina adatta per fondere in un sol tempo tante righe di un sol pezzo su «flans» speciali, ottenuti mediante punzoni composti e aggiustati in una riga; la terza, di una macchina per comporre piastrine di matrici a serie e per fondere singolarmente righe di un sol pezzo; la quarta, capace di fare righe intere da singole matrici composte e aggiustate; la quinta, rappresentata dalla macchina modello 1, che per prima fu introdotta in Italia, nel 1895, e dopo acquistata dal giornale «La Tribuna», di Roma.

Seguì poi la macchina modello 10, con magazzino leggero; l'innovazione importantissima della distribuzione multipla, che permette l'impiego di più tipi nella stessa riga i quali si selezionano automaticamente dopo la fusione; poi le Linotype con magazzini ausiliari e via via, fino all'odierna modello 24, con otto magazzini, quattro distribuzioni e due tastiere.

Una delle più grandi e più diffuse riviste americane, sul finire del primo decennio del nostro secolo, se la memoria non ci inganna, indisse un referendum presso le più spiccate personalità degli Stati Uniti, per sapere da costoro quali invenzioni e quali scoperte fra quelle più recenti avrebbero avuto maggiore influenza sociale. Il risultato del referendum indicava, nei rispettivi campi, il telegrafo senza fili, l'aeroplano ecc. e, nella meccanica pura, la Linotype.

Non si può negare, infatti, che nella tecnica tipografica questa macchina ha influito enormemente, moltiplicando la potenza dell'invenzione di Gutenberg; spazzando via quanto di fastidioso, di pesante e di antigienico accompagnava la composizione a mano; contribuendo grandemente allo sviluppo dell'industria grafica ed editoriale, la quale ultima poté dare a buon mercato libri, giornali, ecc. Oggi, la sempre maggiore espansione della macchina, richiede l'opera e il concorso di oltre novemila persone fra operai e impiegati degli stabilimenti di costruzione e delle agenzie esistenti in tutte le Capitali dei vari Stati del mondo, non escluse Tokio e Pechino.

Infatti anche il Cinese scritto con caratteri ideografici si compone con la linotype; in Italia la sola Tipografia Poliglotta del Vaticano ha una delle sue linotype corredata con una serie di carattere cinese. In Cina il nome della Compagnia fabbricante si traduce così: «Lie-no-yin-chu-tze-chi-tseh-tsao-chang», e secondo il concetto degli abitanti del Celeste Impero la prima sillaba della parola linotype significa «dare», la seconda, ossia «no», significa «prendere». Per una strana coincidenza di pensiero, dunque, la traduzione dice il compito del linotipista: cioè egli «dà» alla macchina l'opera di dattilografo e ne «prende» il suo prodotto. Per completare la dissertazione è interessante sapere che i nostri colleghi asiatici chiamano questa macchina «da tse chi-chee» la cui traduzione letterale significa «macchina a matrici per caratteri»; la matrice viene chiamata «tse moo» che vuol dire «forma di carattere».

Altri alfabeti componibili con la Linotype: Devanagari-Hindi e Devanagari-Marathi (India Settentrionale), Bengalese, Urdu (Indostan), Birmano, Cingalese (Ceylon-India), Tamil (India Meridionale), Arabo, Ebraico, Greco, Russo, Siriaco, Amarico (Etiopia), Armeno.

Il 29 ottobre 1900 la Linotype Company presentò domanda di privativa in Italia, concessa nel marzo 1901, per «l'introduzione di perfezionamenti alle matrici di caratteri delle macchine linotipiche per adattarle alla composizione della musica da stamparsi tipograficamente». 

Negli Anni 50 la pubblicazione della guida telefonica del Cairo (cinquantamila nominativi in 500 pagine) è stata resa possibile dall'impiego di una Linotype Mod. 48 SM corredata di lettere arabe di corpo 10 e 14.

Da «Lino Composizione» di Luigi Parenti, Editrice Raggio, gennaio 1953

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